Riflessione da quarantena: ma se la nostra foto “perfetta” per essere tale non dovesse essere per forza perfetta? Sembra una domanda stile Marzullo ma non lo è. Instagram e i social in generale sono sempre più colmi di immagini stupende, belle a tal punto da rimanere disorientati. Più che di sfogliare dei diari sembra di sfogliare cataloghi commerciali. Paesaggi perfetti, non una cosa fuori posto, bici sempre perfettamente pulite, valige e zaini fotografici maniacalmente ordinati. In pratica quello che almeno a me non succede MAI. Per questo mi sono fatto qualche domanda: Ma nella realtà è veramente cosi? Dobbiamo raccontare le storie per quello che sono veramente o per quello che devono apparire? Volendo realizzare una foto “brandizzata” è davvero necessario che il prodotto che vogliamo promuovere sia sempre ritratto come se fosse sempre nuovo e in condizioni perfette? I canoni estetici dell’immagine da realizzare devono seguire sempre e comunque le solite convenzioni? E poi, nel coinvolgimento dell’osservatore conta più l’immagine del prodotto o la storia che racconta la foto che ritrae il prodotto stesso?
Le risposte che mi sono dato saranno sicuramente nelle prossime che foto che scatterò. Saranno sicuramente meno “perfette” ( intendiamoci non lo sono mai state, possono essere al massimo carine o ben fatte ) ma saranno, spero, più VERE anche nella loro imperfezione.
Nota sulla foto: la mia immagine perfetta dell’ultimo periodo. Perchè lo è? Lo è perchè c’è tutto quello a cui sono affezionato ed è stata scattata in un periodo particolarissimo. Una delle prime immagini del lockdown, fatta mentre allestivo il pain cave per la quarantena. C’è la bici arrivata dopo un cammino importante, con le gomme ancora sporche di polvere dall’ultimo giro fatto in preparazione della Strade Bianche. Sullo sfondo le foto attaccate al muro con i ricordi più belli del 2019.